L’Engelberta (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1708 (Engelberta)

 ATTO PRIMO
 
 Campagna con veduta di città da una parte e di palazzo delizioso in villa dall’altra.
 
 SCENA PRIMA
 
 BONOSO e LODOVICO con seguito
 
 BONOSO
 Come, o signor? Quando già vinto e domo
 la tua virtù tragge in catene il fasto
 de l’infedele Egitto,
 che le belle opprimea sponde vassalle,
5quando a bear vicino
 sei col tuo amor l’augusta moglie...
 LODOVICO
                                                                 (O cieli!)
 BONOSO
 Inopportuno affanno
 a la comun felicitade insulta?
 LODOVICO
 Pena, ch’è ria, fremer non puote occulta.
 BONOSO
10Perdona. Onde il tuo duolo?
 LODOVICO
                                                     È tal la piaga
 che scoperta più duole e più infierisce.
 BONOSO
 Gran rimedio è virtù ne’ casi avversi.
 LODOVICO
 Ma negli estremi anche il rimedio è pena.
 BONOSO
 Sire, nel tuo dolor ti muova almeno
15di Engelberta l’amor; sono gelosi,
 perché teneri sono in lei gli affetti;
 e la stessa tua pena
 diverria la ragion de’ suoi sospetti.
 LODOVICO
 Ah, Bonoso!
 BONOSO
                         Sospiri?
 LODOVICO
20Vanne a la reggia e affretta
 a la bella Metilde
 il soave piacer del rivederti.
 BONOSO
 Ma che dir deggio ad Engelberta?
 LODOVICO
                                                                (O dio!)
 Pensa al tuo amore e non curar del mio.
 BONOSO
 
25   Da te parto e ho ’l cor diviso
 tra l’affanno ed il piacer.
 
    Già contrasta un pien diletto
 a le smanie del mio affetto
 l’umiltà del mio dover.
 
 SCENA II
 
 LODOVICO, OTTONE, poi ERNESTO dalla città con seguito
 
 OTTONE
30Cesare, al prence Ernesto
 recai gli ordini eccelsi. Ei frettoloso
 da la città ver te già muove i passi.
 LODOVICO
 Si ritiri ciascun. (Povero core!)
 OTTONE
 (Donde nasca m’è noto il suo dolore).
 ERNESTO
35Sire, le tue vittorie
 stancan la fama e...
 LODOVICO
                                      Qui non chiedo, Ernesto,
 di vane lodi ambiziosi omaggi.
 Libero parla e non celarmi il vero.
 ERNESTO
 Legge è di Ernesto un favellar sincero.
 LODOVICO
40Pria di partir duce guerriero al campo,
 ad Engelberta e a te commisi il freno
 del mio sovrano impero.
 ERNESTO
                                               E da quel giorno
 corser sei lune e sei.
 LODOVICO
                                        Vedovo letto
 tosto fa noia a giovanil beltade.
 ERNESTO
45Ne corregge l’ardor cauta onestade.
 LODOVICO
 Ah! D’Engelberta io temo.
 ERNESTO
 Timido è un grande amor.
 LODOVICO
                                                   Qui legga Ernesto; (Mostrandogli una lettera)
 ma pria giuri silenzio e fé prometta.
 ERNESTO
 Sai mia fede,
 LODOVICO
                            (O rossore!)
 ERNESTO
50(Comincia a respirar la mia vendetta). (Legge)
 «Cesare, in Engelberta,
 benché non corrisposti,
 ardono impuri affetti; e se non riedi,
 da l’atre vampe in breve
55fumo uscirà bastante
 ad offuscar de la tua fama i rai.
 Pronto rimedio a vicin mal si chiede.
 Serve chi tutto è zelo e tutto è fede».
 Che lessi mai! (Godi, alma mia). (Rendendogli la lettera)
 LODOVICO
                                                               Tu, Ernesto,
60cui, me lontano, unir di augusta al fianco
 le pubbliche del regno ardue vicende,
 di’, chi svegliò l’ardor? Chi de l’iniqua
 ributtò le lusinghe?
 ERNESTO
 Dal crudel... cenno... assolvi... (Confuso)
 LODOVICO
65No no, ubbidisci; e s’ami
 il tuo sovrano o se lo temi, parla.
 ERNESTO
 Nol niego; errò Engelberta; e in basso affetto
 si avvilì la grand’alma.
 Amò, volle, tentò; ma risospinta
70penò ne l’ozio de’ suoi voti e tacque;
 timida o disperata
 più non fallì...
 LODOVICO
                             Ma solo
 perché più non poté la scelerata;
 è altrui virtù quanto non è sua colpa.
 ERNESTO
75Ah, ch’egli è reo che non volendo ancora
 offende il suo signor.
 LODOVICO
                                         Sol de l’offese
 è misura il voler.
 ERNESTO
                                  (Sorte mi arride).
 LODOVICO
 Scuoprimi il fido.
 ERNESTO
                                   A le tue piante il vedi... (S’inginocchia)
 LODOVICO
 Che?
 ERNESTO
             Sì, vedi prostrato il reo vassallo
80chiederti supplicante
 che tu in esso punisca un non suo fallo.
 LODOVICO
 Cieli!... Ernesto!
 ERNESTO
                                 Io quel sono, io l’infelice
 che piacque ad Engelberta e parve oggetto
 di facile trofeo, di debol fede.
85Me stesso odiai, dacché l’intesi; e senza
 l’impegno del mio grado
 lasciata avrei la fatal reggia e ’l regno,
 di viver più, di più mirarti indegno.
 LODOVICO
 Iniqua donna, o quanto
90più grave e più funesto
 m’era il tuo error, se mi toglieva Ernesto.
 O raro esempio d’amistà e di fede!
 Sorgi ed in grato amplesso,
 più che il tuo re, strigni il tuo amico.
 ERNESTO
                                                                    Io feci
95ciò che dovea.
 LODOVICO
                             Ciò ch’io pur deggio adempio.
 Ottone a me. Tu chiudi
 nel più cupo del sen l’alto segreto.
 ERNESTO
 Mancherò al viver mio, pria che al dovere.
 OTTONE
 Pronto al tuo cenno...
 LODOVICO
                                         In Aquisgrana, Ottone,
100riedi e fa’ ch’Engelberta
 tosto a me venga. In quella
 solitudine amena
 l’attenderò per mio riposo.
 OTTONE
                                                   Il cenno
 grato le fia. Gode esser solo amore.
 LODOVICO
105Fugge, Ernesto, d’esporsi
 a la pubblica vista il mio dolore.
 
    Selvagge amenità,
 tra voi ricercherà
 qualche riposo
110l’alma agitata.
 
    Splendor di corte,
 favor di sorte
 renderla illustre può
 ma non beata.
 
 SCENA III
 
 ERNESTO ed OTTONE
 
 ERNESTO
115Amico, a la tua fede
 deggio la vita e in breve
 dovrò un bene maggior, la mia vendetta.
 OTTONE
 Ch’io sia duce primiero
 de’ cesarei custodi, opra è di Ernesto;
120e che Ernesto in me trovi
 un’alma grata, è sol mio voto, o prence.
 ERNESTO
 Ma per qual via giunse al monarca il foglio?
 OTTONE
 Ne la sua tenda, ove il deposi, ei scosso
 d’alto sonno il rinvenne.
 ERNESTO
125Vada or l’altera e quell’amor rifiuti
 che le offersi in trofeo, spoglia non vile.
 OTTONE
 Amor solo soggiorna in cor gentile.
 ERNESTO
 Vada or l’ingrata e le minacce e l’onte
 opponga a la mia fé.
 OTTONE
                                        Fu solo orgoglio
130ciò che di grande ella portò sul soglio.
 ERNESTO
 Da quella man, che ne sostiene il fasto,
 ne avrà la pena. Infida
 già cesare la crede e forse il cenno,
 ch’a la reggia la toglie,
135al supplizio la guida.
 OTTONE
                                        Ah! Ch’ella è moglie,
 e moglie a pro di cui
 parla un tenero amor nel cor di lui.
 Nuove colpe in lei finga
 l’odio comun; sai che qual tu nemico
140sono anch’io d’Engelberta.
 Tu l’odi, perché ingrata
 ributtò le tue fiamme, io perché avversa
 i gradi meritati a me contese.
 Te ne l’amore e me nel fasto offese.
 ERNESTO
145Che far pensi?
 OTTONE
                              Il mio zelo e ’l tuo periglio
 darà stimolo a l’opra, arte al consiglio.
 
 SCENA IV
 
 ERNESTO
 
 ERNESTO
 Non vi ascolto, o rimorsi;
 augusta è donna; è offesa e ’l fatal foglio,
 cui gli affetti affidai, di mia ruina
150esser può lo strumento. Eccoti, Ernesto,
 necessario l’error. Più reo ti rendi
 col lasciar d’esser reo. La nuova colpa,
 perch’è necessità, l’altre discolpa.
 
    De l’ingrata empia beltà
155vendicarmi a me s’aspetta.
 
    La sua morte a me sarà,
 nel periglio e ne l’offesa,
 di difesa e di vendetta.
 
 Salone imperiale.
 
 SCENA V
 
 ENGELBERTA e BONOSO
 
 ENGELBERTA
 Sì, duce, più sollecito e più amante
160in cesare vorrei trovar lo sposo.
 BONOSO
 Eh! Tra’ vinti nemici
 conti cesare alfine il tuo timore.
 Ei ti trovi più lieta;
 e ’l tuo cor gli sia esempio
165a dissipar ciò che d’ignoto affanno
 gli serpe in seno e gli traspar da’ lumi.
 ENGELBERTA
 E che! Mesto si torna
 da’ trionfi a una moglie?
 BONOSO
                                                Il tuo bel volto
 di serenarlo avrà la gioia e ’l vanto.
 ENGELBERTA
170Lo spererei, se mel rendesse amore.
 BONOSO
 Con sì gran merto invan diffida il cuore.
 Così potesse il mio...
 ENGELBERTA
 Il so, Bonoso, il so. La tua grand’alma
 prese alto volo e agl’imenei reali
175aspirò di Metilde
 che del primo consorte a me già nacque.
 BONOSO
 Per sì nobil oggetto...
 ENGELBERTA
                                         Arder ti piacque.
 Il tuo natal, la tua virtù, il tuo merto
 giustificò i tuoi voti; e riguardolli
180la figlia con affetto, io con istima.
 BONOSO
 Tua bontà...
 ENGELBERTA
                         Ma quell’astro,
 che de’ cesari al trono alzò Engelberta,
 al trono di Aquitania alza Metilde.
 BONOSO
 Come? Metilde?
 ENGELBERTA
                                 A lei fia sposo Arrigo,
185de l’Aquitania il fortunato erede.
 Ella n’ha ’l mio comando, ei la mia fede.
 
    Ha da regnar sul trono
 chi regna sul tuo cor;
 consolati in amor,
190se fido sei.
 
    Consolati o dirò
 che con sincero affetto
 lei non amasti no;
 ma solo il tuo diletto
195amasti in lei.
 
 SCENA VI
 
 BONOSO e poi METILDE
 
 BONOSO
 Qual fulmine improvviso
 v’incenerì, liete speranze? E d’altri,
 d’altri Metilde fia?
 La mia cara Metilde? Ah non più mia!
 METILDE
200A noi torna Bonoso
 e non torna a Metilde?
 BONOSO
                                            Ah, principessa!
 METILDE
 Sospiri nel piacer del rivedermi?
 BONOSO
 Poss’io non sospirar, quando ti perdo,
 e ti perdo per sempre?
 METILDE
205Chi può di questo cor torti il possesso?
 BONOSO
 Quel comando crudel che ti vuol d’altri.
 METILDE
 E dipende l’amor da l’altrui cenno?
 BONOSO
 Al cenno di una madre invan contrasta
 il dover d’una figlia.
 METILDE
                                        In figlia amante
210spesso è forte l’amor più che il dovere.
 BONOSO
 Bella, la mia speranza
 non esige da te tanta costanza.
 METILDE
 Deh, mio diletto, ascolta.
 BONOSO
 
    Serba ad altri i cari accenti;
215basta a me la tua pietà.
 
    Tempo fu che nel tuo affetto
 ritrovava il mio diletto;
 ora serve a’ miei tormenti
 del tuo cor la fedeltà.
 
 SCENA VII
 
 METILDE ed ARRIGO
 
 METILDE
220O cor ne l’armi invitto
 ma debole in amor...
 ARRIGO
                                         Bella Metilde,
 pur vedrò stretto il nodo
 che te al mio soglio e me al tuo seno unisca.
 Vedrò...
 METILDE
                  Sì, mi vedrai
225più sdegnosa e più fiera. E che? Gli affetti,
 più che dal genio e da la fede, Arrigo,
 nascono dal comando; e amar degg’io
 col voler de la madre e non col mio?
 ARRIGO
 Il tuo chiesi, o Metilde;
230ma soffrirne i disprezzi
 era pena al mio cor, torto al mio grado.
 Fei ricorso ad augusta;
 chiesi nel mio riposo
 la tua grandezza e la trovai più giusta.
 METILDE
235Se giustizia ti rende il suo consenso,
 te la rende anche pari il mio rifiuto.
 ARRIGO
 Col mio amor tu rifiuti anche il mio soglio.
 METILDE
 Questo, o prence, non curo e quel non voglio.
 
    Fa’ che passi un altro core
240nel mio petto
 e con quello io t’amerò.
 
    Sinché in seno il mio ricetto,
 far ch’io t’ami amor non può.
 
 SCENA VIII
 
 ARRIGO, poi ENGELBERTA ed OTTONE
 
 ARRIGO
 E per alma sì ingrata
245vi ostinerete, o miei reali affetti?
 No, Arrigo, un gran disprezzo
 ti serva di vendetta.
 ENGELBERTA
 La fiamma tua...
 ARRIGO
                                 Negletta
 al par del tuo comando è da Metilde.
 ENGELBERTA
250De le prime ripulse
 amor non si sgomenti.
 Tua Metilde sarà. Cesare istesso
 ne approverà l’illustre nodo. Altrove
 un suo cenno mi attende e Otton mel reca.
255Meco verrà la figlia. Io là t’aspetto.
 Già impegno di mia fede è ’l tuo diletto.
 ARRIGO
 
    Il dolce ardore
 di questo core
 era già spento
260con la mia fé;
 ma tu l’avvivi in me
 con la speranza.
 
    Sovvengati ch’io peno
 e che si può stancar
265d’un troppo vil penar
 la mia costanza.
 
 SCENA IX
 
 ENGELBERTA ed OTTONE
 
 ENGELBERTA
 Ottone, agli altrui mali
 cerco riposo e non lo trovo a’ miei.
 OTTONE
 Nel consorte sovran l’hai già vicino.
 ENGELBERTA
270Chi sa se ne lo sposo
 rivedrò ancor l’amante?
 OTTONE
                                              In rii sospetti
 t’agiti inutilmente. Il cor di augusto,
 qual ape o qual farfalla,
 spiega il volo a più fiori e un sol ne sugge;
275a più lumi s’aggira e un sol lo strugge.
 ENGELBERTA
 Qual mortale veleno
 spargi su la mia piaga?
 Engelberta lontana
 non fu ’l suo amor, com’ei fu solo il mio?
 OTTONE
280Cesare ne la reggia è fido sposo.
 ENGELBERTA
 E cesare nel campo?
 OTTONE
                                        In mezzo a quella
 licenza militar, con l’altre leggi
 anche quella d’amor tace e si obblia.
 (Si fomenti in costei la gelosia).
 ENGELBERTA
285(Smanie d’alma fedel, purtroppo, o dio,
 me ne foste presaghe). Intendo, intendo;
 la segreta cagion del suo dolore
 è la sua infedeltà. Mesto egli riede,
 perché riede a una moglie,
290e fugge questa reggia, ov’ei mi diede
 la mal serbata fede.
 OTTONE
 Tal senso ho de’ tuoi mali
 che con la mia pietà mi è forza offrirti
 l’opra mia a tuo sollevo.
 ENGELBERTA
                                              In che giovarmi
295può l’ingegno di Otton?
 OTTONE
                                              Nel dar la morte
 a quel verme letal che il sen ti rode.
 ENGELBERTA
 Qual arte giunge e qual potere a tanto!
 OTTONE
 Di pregiato liquor sol una stilla.
 ENGELBERTA
 Fole mi narri.
 OTTONE
                             Egizio schiavo in prezzo
300de la sua libertà mel diè poc’anzi.
 Uso ne feci e non indarno. Un sorso,
 che ne assaggi il tuo sposo,
 ammorzerà quel mal concetto ardore
 che al suo dover lo toglie ed al tuo core.
 ENGELBERTA
305Eh! L’amor di un marito
 non ravviva per sorsi. A nuova vita
 può richiamarlo pudicizia e fede.
 OTTONE
 Chi vuol perir non crede
 a quella man che può sanarlo.
 ENGELBERTA
                                                        Andiamo
310ove augusto ci attende; amante e sposo
 me lo diede e mel serbi amor pudico.
 OTTONE
 (Non fia sempre a’ miei voti il ciel nemico).
 ENGELBERTA
 
    Costanza ed onestà
 mi renderà amoroso
315il caro dolce sposo;
 e la sua infedeltà
 trofeo per me sarà,
 se non mercede.
 
    Forza non può sanar
320di magico liquor
 l’affanno mio.
 Sol racquistar poss’io
 amore con amor,
 fede con fede.
 
 Fine dell’atto primo